“Il ratto della Sabina”, grande gruppo in bronzo a patina bruna, bottega romana della seconda metà del XVIII secolo, cerchia di Francesco Righetti (Roma 1749-1819).
L’eccezionale qualità di questo gruppo scultoreo ci riporta a Roma nella seconda metà del XVIII secolo, quando la città era meta imprescindibile dei giovani aristocratici europei che vi arrivavano durante il Grand Tour. I giovani facoltosi smaniavano per poter portare a casa un pezzo della città eterna e così nacquero le botteghe dei “souvenir”, in cui si realizzavano repliche di altissimo livello dei capolavori antichi in materiali pregiati (bronzo, marmo, pietre dure). Francesco Righetti, che si era formato presso la poliedrica bottega dell’argentiere e bronzista Luigi Valadier nella modellazione e nella fusione di piccoli e grandi bronzi, aprì un proprio studio nel 1779 in via della Purificazione e più tardi, nel 1789, una fonderia situata in vicolo S. Isidoro, dove realizzò principalmente bronzi tratti dalla statuaria antica. A differenza dei suoi colleghi Righetti decise però di affiancare alla realizzazione seriale di bronzetti quella di sculture di misura maggiore, oltre alla produzione di desserts e composizioni diverse in bronzo e argento. Apprezzato da principi e regnanti di tutta Europa, produceva repliche di statue romane, modelli del Giambologna, statue degli uffizi poste su basi in marmi differenti; grazie a queste importanti committenze il suo nome si impose sul mercato romano e internazionale, tanto che, per soddisfare le numerose richieste, nella bottega dovette impiegare diversi scultori e artigiani, anche collaboratori esterni, occupati nella modellazione e nella fusione delle sue opere.
Il nostro gruppo non è firmato ma la qualità eccezionale, le dimensioni importanti, il basamento originale in marmo rosso e marmo nero lo collocano molto vicino alla bottega di Righetti. I personaggi sono cesellati con dovizia di dettagli: basta osservare i volti espressivi, i capelli, le mani, i piedi e le unghie; la patina bruna è ben conservata.
Il ratto della sabina è, probabilmente, una delle più famose sculture esposte nella Loggia dei Lanzi a Firenze. Opera del Giambologna, raffigura un episodio dell’antica storia romana: un giovane romano afferra e solleva una giovane Sabina. In basso un uomo più anziano, probabilmente il padre della ragazza, tenta di bloccare il rapitore. La ragazza infatti cerca di divincolarsi e allarga le braccia in segno di terrore. La sua espressione è chiaramente disperata. Stessa disperazione, per il senso di impotenza, è sul viso dell’anziano inginocchiato. Le figure rappresentano un episodio dell’antichità. Per questo motivo e per ragioni stilistiche i personaggi sono rappresentati nudi.
Il ratto delle Sabine è un episodio mitologico relativo alla fondazione di Roma. Si riferisce ad un evento politico e strategico organizzato da Romolo. Dopo aver fondato Roma nel 753 a.C. il sovrano si trovò nella necessità di offrire delle compagne ai propri concittadini. Il ratto si consumò durante la celebrazione di un imponente spettacolo organizzato per celebrare la città. Parteciparono alcuni popoli tra i quali i Ceninensi, i Antemnati, i Crustumini e i Sabini.
Durante la manifestazione ad un cenno di Romolo i suoi uomini con le armi in pugno si impossessarono delle donne nubili. Le fonti storiche non riportano i fatti in modo chiaro. Sembra comunque che non venne ucciso alcuno e gli altri invitati tornarono nelle loro città. A loro volta però in seguito reagirono attaccando Roma ma furono sconfitti.
Altezza totale cm 86
Altezza del bronzo cm 65
Larghezza massima cm 30 x 27
Basamento cm 21 x 21 H cm 21