Fiori in Caraffa-Giacomo Recco (Napoli, 1603-1653)-Natura morta

12.500,00

Natura morta, caraffa in vetro con fiori, Giacomo Recco (1603-1653).

Questa raffinata tela rappresenta una brocca di vetro piena di fiori poggiata su una base in pietra.
La rigorosa semplicità di questo dipinto ci trasporta alla prima metà del XVII secolo e al nome di Giacomo Recco

Giacomo Recco è considerato dalla critica tra gli iniziatori della natura morta a Napoli e capostipite di una dinastia di pittori specializzati nella natura morta, ancora sensibile al gusto manierista e ai precedenti fiamminghi, ma capace di scaldare e animare le sue composizioni, con un fantasioso stile “napoletano”.

È importante considerare che negli ultimi anni, a conferma ancora una volta della confusione che regna in campo attributionista, numerose opere sono state vendute all’asta, cedute più o meno con la forza a Giacomo Recco, divenuto così un pittore senza quadri, il artista di riferimento di una folla di anonimi autori dei più svariati dipinti floreali, e il cui ambito contenitore di fiorante entra ed esce dalle tele più disparate. Dalle tele attribuite a Giacomo Recco dagli esperti più accreditati emerge non solo un artista di grande bravura e di profonda cultura, ma anche un esperto di araldica e un esperto di significati simbolici, nonché un grande conoscitore delle esperienze figurative fiamminghe. Anche lui si trovava probabilmente nella posizione di un pittore affermato, capace di essere citato nell’ambiente che conta, ricevendo come questo commissioni da importanti cardinali e famiglie nobili.

Le opere raggruppate sotto il nome di Giacomo Recco presentano una serie di caratteri distintivi molto particolari che sono espressione di una personalità artistica ancora attratta dal repertorio cinquecentesco poco o nulla intaccato dagli esiti delle indagini luministe e allo stesso tempo fortemente influenzato dall’affettazione e dall’artificialità dello sviluppo fiammingo.
Nel dipinto di Recco il vaso diventa il punto focale della composizione e ha la stessa dignità dei fiori, sempre disposti simmetricamente e innaturalmente illuminati, seppure minuziosamente definiti nella loro verità ottica.
I fiori sono tutte espressioni colorate della fioritura di inizio primavera: narcisi, giacinti, calendula, anemoni, tulipani. Sono staccati l’uno dall’altro con alcune corolle rivolte verso il basso e vengono studiati separatamente anche quando si sovrappongono, affollandosi sullo sfondo scuro. L’esecuzione leggermente calligrafica tradisce un’aria antica che ricorda esempi precedenti.
Il trattamento della luce è classico di un protocaravaggesco con puntigliosa attenzione all’esaltazione dei valori cromatici dei fiori, che si dispongono schematicamente e si materializzano verso lo spettatore del dipinto.
Le matrici artistiche e culturali di Giacomo Recco sono di difficile definizione, anche se bisogna considerare la presenza a Napoli intorno al 1590 di Jan Brueghel e la persistenza in città, come sottolinea Tecce, di un esperto manipolo di tardo manieristi, attivi fino al metà del terzo decennio del XVII secolo. Una notevole influenza deriva senza dubbio dalla crescente fama per l’Europa dei fioristi nordici, legati a un decoratismo ancora in auge nel Cinquecento, e ben presto dalla lezione del luminismo caravagico che cominciava a plasmare la pittura di genere a Roma. . La produzione pittorica che più si avvicina alle nostre prove è quella di Osias Beert il Vecchio, come più volte sottolineato nei suoi saggi Veca. La fama di Giacomo Recco è legata alla sua bravura di fiorante, quasi uno specialista della specialità.

Il dipinto si avvicina ai più antichi dipinti di Recco, per la sobrietà, la simmetria, la centralità di questi dipinti. Può essere paragonato alla tela “Natura morta con vaso di fiori” del 1626, collezione Rivet a Parigi, catalogo La natura morta italiana, 1964, pag. 39.

Il dipinto, pur essendo in ottime condizioni, è stato restaurato rimuovendo una vecchia rintelatura e riportando alla luce la tela originaria, sostituendola con un semplice contorno perimetrale. Il telaio originale era già stato sostituito al momento del rintelo.
In cornice in legno dorato Salvator Rosa del XVII secolo.

Tela cm 79 x 64
Con cornice cm 90 x 73

Descrizione

Chiti Stefano, esperto di beni culturali iscritto all’Albo al numero 195.

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